Con l’ordinanza interlocutoria n. 15030 del 29 maggio 2024, la Corte di Cassazione sez. lavoro ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 46 del D.L. n. 18 del 17/03/2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 24/04/2020, per contrasto con l’art. 3 Cost, in quanto la Corte ha ritenuto irragionevole l’inapplicabilità del blocco dei licenziamenti a causa COVID al caso del licenziamento individuale del dirigente per giustificato motivo oggettivo.
Nel caso esaminato dalla Corte, un dirigente era stato licenziato in data 29/4-6/5/2020 nell’ambito di un processo di riorganizzazione aziendale, volto alla soppressione della sua posizione lavorativa e alla ridistribuzione e accorpamento delle funzioni in capo ai responsabili aziendali.
In primo grado il dirigente adiva il Tribunale per ottenere la declaratoria di nullità del licenziamento, per violazione dell’art. 46 D.L. n. 18 del 17/03/2020, e, in ogni caso, per ottenerne la declaratoria di illegittimità per insussistenza del giustificato motivo oggettivo e della giustificatezza. Il Tribunale rigettava la domanda di impugnazione, considerato il tenore letterale dell’art. 46 D.L. n. 18 del 17/03/2020 e la simmetria tra il blocco dei licenziamenti e il ricorso agli ammortizzatori sociali.
In appello, la Corte Territoriale accoglieva l’impugnazione proposta dal dirigente, dichiarando la nullità del licenziamento individuale in quanto contrario ad una norma imperativa. Infatti, secondo la Corte d’Appello, il blocco dei licenziamenti era applicabile anche ai dirigenti, in ragione di un’interpretazione analogica e costituzionalmente orientata, supportata anche dall’art. 1, c. 305 della L. n. 178 del 31/12/2020, che riconosceva ai datori di lavoro la possibilità di ottenere trattamenti di cassa integrazione guadagni per i lavoratori dipendenti al 1° gennaio 2021, senza individuare alcuna delimitazione soggettiva.
L’interpretazione fornita dalla Corte Territoriale non è stata condivisa dalla Cassazione.
L’art. 46 D.L. n. 18 del 17/03/2020 fa espressamente riferimento al licenziamento per “giustificato motivo oggettivo disposto ai sensi dell’art. 3 della Legge 15 luglio 1966 n. 604”, che non menziona i dirigenti, escludendo la categoria dal divieto. Inoltre, come affermato dai giudici di legittimità, l’art. 46 D.L. n. 18 del 17/03/2020 è applicabile ai dirigenti per i licenziamenti collettivi, non essendo esclusa espressamente tale categoria dalla L. n. 223 del 23/07/1991.
Per i dirigenti, pertanto, si registra un’asimmetria nel regime di cui all’art. 46 D.L. n. 18 del 17/03/2020, che ad avviso della Corte non appare ragionevole, considerato il sacrificio imposto ai datori di lavoro, controbilanciato da misure economiche, che presuppongono, tuttavia, una portata generalizzata del blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per ragioni oggettive, indipendentemente dall’inquadramento dei lavoratori.
Secondo la Corte tale asimmetria non è superabile mediante un’applicazione analogica dell’art. 46 D.L. n. 18 del 17/03/2020, essendo la disposizione concepita per sopperire ad una situazione emergenziale.
Per tale motivo, l’unica soluzione ravvisata dalla Corte è stata rimettere la questione alla Corte Costituzionale, affinché si pronunci sulla compatibilità della norma con l’art. 3 Cost.